RESOCONTI DELLE SEDUTE DELLA COMMISSIONE ANTI MAFIA

MAFIA, SARO’ ACCANTO AI TESTIMONI DI GIUSTIZIA

Oggi a Roma ho incontrato Ignazio Cutrò, in rappresentanza dell’associazione nazionale dei testimoni di giustizia. Anche in questa legislatura sarò accanto ai testimoni, che rappresentano una risorsa preziosa per affermare la legalità e la giustizia nel nostro Paese

 

Mafia/ Lumia:Presenterò ddl contro precarietà testimoni giustizia

Oggi a Roma il senatore ha incontrato Ignazio Cutrò

 

MAFIA: SENATORE LUMIA, SOSTERRO' I TESTIMONI DI GIUSTIZIA
(ANSA) - PALERMO, 8 APR - - ''Oggi a Roma ho incontrato Ignazio Cutro', in rappresentanza dell'associazione nazionale dei testimoni di giustizia. Anche in questa legislatura saro' accanto ai testimoni che rappresentano una risorsa preziosa per affermare la legalita' e la giustizia nel nostro Paese. Continuero' a denunciare caso per caso e in modo documentato tutte le angherie e le ingiustizie che spesso, purtroppo, subiscono a causa di uno Stato che non li tutela come dovrebbe. Presentero' un disegno di legge che elimina alla radice la loro condizione di precarieta', di abbandono e di insicurezza''. Lo annuncia il senatore Giuseppe Lumia del Movimento ''Il Megafono-Lista Crocetta''. ''Con Cutro' - aggiunge - abbiamo affrontato il caso di Pietro Di Costa, testimone di giustizia di Vibo Valentia che sta protestando nel suo territorio a rischio della propria vita, per lo stato di marginalita' in cui versa. Di Costa chiede solo di non essere abbandonato e di essere messo nelle condizioni di continuare a lavorare con la propria azienda''. (ANSA). COM-FLB 08-APR-13 12:27 NNNN 

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Matteo Scirè

Auguri alle donne che si ribellano alla mafia

L’aumento delle testimoni di giustizia al femminile è un fenomeno che sta dando una serie di risultati eccezionali non solo a livello giudiziario ma anche sul piano sociale e culturale. Le donne che decidono di denunciare gli atti criminali dei loro uomini sono in grado di rompere il muro dell’omertà e consentono ai propri figli di intravedere un futuro migliore

 

SCRIVONO DI NOI

IL GIORNO

Sale su una gru a 40 metri: "Lo Stato mi ha abbandonato"

 

 

LA REPUBBLICA

Io, Testimone di Giustizia  abbandonato"
Minaccia di buttarsi da una gru

Un uomo è salito in cima alla gru di un cantiere alla periferia est della città. Sostiene di essere un collaboratore di giustizia e di essere stato lasciato al suo destino dallo Stato. Sul posto la moglie, le forze dell'ordine e il 118

 

Sale sulla gru: la protesta del collaboratore di giustizia 

Un uomo di circa 50 anni è salito su una gru in via Bistolfi, nella periferia est di Milano. L'uomo, che sostiene di essere un collaboratore di giustizia, protesta perché sarebbe stato abbandonato dallo Stato e lamenta mancanze nei suoi confronti da parte del Servizio Centrale di Protezione.

Il 50enne, che si è arrampicato a circa 40 metri di altezza sulla gru di un cantiere edile, ha avvertito il 118 e ha chiesto di parlare con i carabinieri. Da quanto si apprende, l'uomo non sarebbe nuovo a episodi simili. Sul posto sono intervenuti polizia, carabinieri, vigili del fuoco e personale del 118. E' presente anche la moglie.
 

"Il mio dovere l'ho fatto, se il sottosegretario non mi ritiene una bestia mi chiami al telefono, se no io da qua non scendo". Ha urlato forte nel megafono questa frase, fra le altre, Francesco Di Palo, una cinquantina d'anni, l'uomo, tecnicamente un 'testimone di giustizia' cioè chi dopo aver testimoniato in uno o più processi viene sottoposto a un programma di protezione, da ore su una una gru a 40 metri di altezza dal suolo in via Bistolfi, quartiere Rubattino, alla periferia di Milano.

Di Palo, salito sulla gru verso le 14.30 e ancora non sceso, ha chiesto di parlare con i carabinieri i quali hanno mandato anche un 'mediatore', cioè un esperto di queste situazioni in grado di intraprendere una 'trattativa'. L'uomo ha esposto anche uno striscione con la scritta: "Dopo aver denunciato il clan hanno distrutto il futuro dei miei figli adesso basta".

Di
 

 

Palo, che risiede in un domicilio riservato, nei mesi scorsi era già salito sull'Arengario di Monza per protesta svelando di fatto la sua identità ovviamente riservata.
Da quanto si è appreso, il testimone di giustizia aveva un'attività imprenditoriale, in Puglia, e ha denunciato e fatto arrestare alcuni estorsori e appartenenti a una organizzazione criminale. Per questo motivo era stato fatto trasferire in Lombardia

 

IL MONDO  /  economia  / 27 Febbraio 2013

Mafia/ Protocollo intesa in Sicilia Confartigianato-Confindustria

Accordo per promuovere progetti territoriali




Roma, 27 feb. Confartigianato Sicilia, Confindustria
Sicilia e l'associazione nazionale testimoni di giustizia saranno
impegnate insieme nella lotta contro le mafie e in attività volte
alla tutela e al sostegno delle imprese a rischio di
infiltrazione criminalità sul territorio regionale e nazionale.
E' l'obiettivo del protocollo d'intesa siglato oggi a Roma, nella
sede di Confartigianato alla presenza del presidente Giorgio
Merletti, dal presidente di Confartigianato Sicilia, Filippo
Ribisi, dal vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe
Catanzaro, dal presidente dell'associazione testimoni di
giustizia, Ignazio Cutrò.

L'associazione riunisce quei cittadini e imprenditori, sono
circa 80 in tutta Italia, che hanno avuto il coraggio di
denunciare, testimoniando nelle aule dei tribunali o nelle altre
sedi competenti, i reati di mafia e delle varie forme di
criminalità organizzata. L'accordo impegna le tre associazioni a
promuovere progetti territoriali e locali che abbiano tra gli
obiettivi la restituzione alla collettività delle ricchezze e dei
patrimoni accumulati illecitamente dalla criminalità anche di
tipo mafioso.

In base al protocollo d'intesa, le imprese renderanno
disponibili all'associazione testimoni di giustizia le
informazioni e gli studi di natura economico-statistica elaborati
dai propri uffici, prevedendo anche forme di accesso alle proprie
banche dati. Sarà, inoltre, istituito un osservatorio nazionale
che avrà il compito di identificare le migliori azioni per
l'utilizzo sociale dei beni confiscati alla criminalità
organizzata. Confartigianato Sicilia e Confindustria Sicilia si
impegnano altresì con l'associazione in iniziative contro i
soprusi, la mafia, la collusione, l'illegalità, nel pieno
rispetto del codice etico approvato dalle giunte regionali delle
due organizzazioni imprenditoriali.

 

 

http://www.agrigentonotizie.it/cronaca/firma-protocollo-contro-mafia-roma.html 


LINK A MERIDIANA NOTIZIE 
http://www.youtube.com/watch?v=cObzi297VEI 


mercoledì 27 febbraio 2013, 20:17:17 
ANSA/ MAFIA: CONFARTIGIANATO, CHI DENUNCIA RISCHIA IL FALLIMENTO 

TESTIMONI DI GIUSTIZIA, NON STRAPPATECI ALLE NOSTRE AZIENDE 
(di Chiara Munafo') 
(ANSA) - ROMA, 27 FEB - Passamontagna calati e telecamere 
spente. Anche solo riunirsi, per i testimoni di giustizia, e' un 
rischio, vietato dai piani di protezione. Eppure tante, delle 78 
persone che in tutta Italia hanno denunciato le mafie e vivono 
sotto scorta, sono venute a Roma per difendere le proprie 
aziende, a rischio chiusura dopo la scelta di testimoniare. 
'' Se non falliamo per le pressioni mafiose, falliamo per i 
meccanismi perversi della protezione dello Stato '', ha attaccato 
uno dei partecipanti, all' incontro con i presidente di 
Confartigianato, Giorgio Merletti, e di Confartigianato Sicilia, 
Filippo Ribisi, e il vicepresidente di Confindustria Sicilia, 
Giuseppe Catanzaro. L' obiettivo e' studiare insieme una 
strategia di tutela per le imprese e le famiglie dei testimoni a 
partire dall' aiuto al credito, l' assistenza con la burocrazia e 
un osservatorio nazionale sui beni confiscati alle mafie. 
'' I testimoni di giustizia sono morti che camminano, chiedono 
di non essere parassiti, di poter lavorare, di vedersi 
restituita la dignita ''', ha spiegato il presidente 
dell' Associazione testimoni di giustizia, Ignazio Cutro'. Lui ha 
rifiutato di abbandonare la sua terra, la Sicilia, e la sua 
impresa edilizia e vive sotto scorta. '' Dopo le denunce pero' - 
ha raccontato Cutro' - la mia attivita' e' stata distrutta, ho 
avuto subito il rientro dei fidi dalle banche, anche se non 
avevo problemi. Mi e' arrivata anche una cartella di Equitalia, 
per i contributi non pagati quando ero sotto le minacce della 
mafia ''. '' Oggi vengo additato come infame, come sbirro, ma sono 
orgoglioso di essere tale. Le denunce vanno fatte '', ha 
continuato. L' associazione chiede che i testimoni non vengano 
allontanati dalle loro terre e dalle loro imprese e che siano 
equiparati alle vittime di mafia. 
La rabbia e' tanta, ha osservato un testimone che preferisce 
rimanere anonimo, '' anche perche' mentre noi ci nascondiamo, i 
mafiosi vanno in giro a testa alta. Dopo le mie denunce 
sull' azienda di cui ero dirigente io sono finito a dormire in 
macchina, l' impresa ha cambiato nome e ha continuato, anche dopo 
le condanne, a lavorare su appalti pubblici ''. '' La mia denuncia 
e' finita un cassetto, ma io intanto ho perso la mia azienda, la 
famiglia, gli amici '', ha aggiunto un altro. 
La crisi rende tutto piu' difficile. E' cosi' che c' e' chi 
non ha potuto votare alle elezioni, perche' non c' era una scorta 
per accompagnarlo dopo i tagli e la polizia. E chi, nascosto con 
tutta la famiglia in localita' protetta con un sostentamento di 
600 euro al mese, si e' ritrovato il padre '' esodato '' perche' 
e' in eta' da pensione ma negli ultimi anni, dopo la 
collabora zione con la giustizia, non ha potuto pagare i 

contributi. (ANSA). 
Y19 
27-FEB-13 19: 55 NNN

 

Mafia: Viminale, piu' fondi per 'collaboratori e Testimoni di Giustizia'

Senza finanziamenti no turn over e nuove immissioni 

20 febbraio, 14:28

 

(ANSA) - ROMA, 19 FEB - Restano stabili gli ingressi di collaboratori e testimoni di giustizia nei programmi di protezione ma servono maggiori risorse finanziarie per incoraggiare la disponibilita' a collaborare con l'autorita' giudiziaria e favorire il turn over. Lo sottolinea il Viminale nella relazione al Parlamento sulle speciali misure di protezione per collaboratori e testimoni di giustizia. Secondo i dati forniti nella relazione sono 1181 i titolari del programma di protezione al 31 dicembre 2011 di cui 1093 pentiti e 88 testimoni. Rispetto al giugno 2011 i collaboratori sono aumentati di 29 unita' mentre il numero dei testimoni e' rimasto stabile. Significativa la presenza femminile: sono 64 le collaboratrici di giustizia e 26 le testimoni. Solo un testimone e' minorenne. E' la Camorra l'organizzazione con il maggior numero di pentiti (452) e testimoni di giustizia (30), seguita da Mafia (303 pentiti e 16 testimoni), 'Ndrangheta (123 pentiti e 22 testimoni), Sacra Corona Unita (106 pentiti e 6 testimoni).


Sono inoltre 4.209 i familiari sotto protezione suddivisi in 3920 congiunti di collaboratori e 289 di testimoni, i minori sono in tutto 1771. In totale la popolazione protetta ha subito una lieve flessione passando dalle 5559 unita' dei primi sei mesi del 2011 alle 5390 del secondo semestre, con un costo complessivo di 49 milioni di euro. Nel secondo semestre 2011 sono stati 6 i programmi di protezione revocati, tutti a pentiti, per comportamenti non consoni. Ma oltre i dati che fotografano una realta' importante per la lotta alle mafie il Viminale, nella relazione, rivolge un appello alle autorita' competenti spiegando che ''la drastica riduzione di fondi ha messo a dura prova il sistema chiamato a garantire la sicurezza, l'assistenza ed il reinserimento sociale delle persone sottoposte a protezione''. Secondo il Viminale, serve evitare il ristagno della popolazione protetta incoraggiando il turn over e la disponibilita' di nuove immissioni. La carenza di finanziamenti impedisce, ad esempio, la capitalizzazione (contributo economico straordinario per favorire il reinserimento socio-lavorativo) importante strumento di fuoriuscita dal programma. Cio', sottolinea il Viminale, comporta la permanenza nel programma di protezione anche di chi non possiede piu' i requisiti e resta parcheggiato nel sistema.

(ANSA).

 

Passamontagna calati e telecamere spente

-ROMA 27-02-2013

Anche solo riunirsi, per i testimoni di giustizia, è un rischio, vietato dai piani di protezione. Eppure tante, delle 78 persone che in tutta Italia hanno denunciato le mafie e vivono sotto scorta, sono venute a Roma per difendere le proprie aziende, a rischio chiusura dopo la scelta di testimoniare. “Se non falliamo per le pressioni mafiose, falliamo per i meccanismi perversi della protezione dello Stato”, ha attaccato uno dei partecipanti, all’incontro con i presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, e di Confartigianato Sicilia, Filippo Ribisi, e il vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro. L’obiettivo è studiare insieme una strategia di tutela per le imprese e le famiglie dei testimoni a partire dall’aiuto al credito, l’assistenza con la burocrazia e un osservatorio nazionale sui beni confiscati alle mafie.
“I testimoni di giustizia sono morti che camminano, chiedono di non essere parassiti, di poter lavorare, di vedersi restituita la dignità”, ha spiegato il presidente dell’Associazione testimoni di giustizia, Ignazio Cutrò. Lui ha rifiutato di abbandonare la sua terra, la Sicilia, e la sua impresa edilizia e vive sotto scorta. “Dopo le denunce però – ha raccontato Cutrò – la mia attività è stata distrutta, ho avuto subito il rientro dei fidi dalle banche, anche se non avevo problemi. Mi è arrivata anche una cartella di Equitalia, per i contributi non pagati quando ero sotto le minacce della mafia”. “Oggi vengo additato come infame, come sbirro, ma sono orgoglioso di essere tale. Le denunce vanno fatte”, ha continuato. L’associazione chiede che i testimoni non vengano allontanati dalle loro terre e dalle loro imprese e che siano equiparati alle vittime di mafia.
La rabbia è tanta, ha osservato un testimone che preferisce rimanere anonimo, “anche perché mentre noi ci nascondiamo, i mafiosi vanno in giro a testa alta. Dopo le mie denunce sull’azienda di cui ero dirigente io sono finito a dormire in macchina, l’impresa ha cambiato nome e ha continuato, anche dopo le condanne, a lavorare su appalti pubblici”. “La mia denuncia é finita un cassetto, ma io intanto ho perso la mia azienda, la famiglia, gli amici”, ha aggiunto un altro. La crisi rende tutto più difficile. E’ così che c’é chi non ha potuto votare alle elezioni, perché non c’era una scorta per accompagnarlo dopo i tagli e la polizia. E chi, nascosto con tutta la famiglia in località protetta con un sostentamento di 600 euro al mese, si è ritrovato il padre “esodato” perché é in età da pensione ma negli ultimi anni, dopo la collaborazione con la giustizia, non ha potuto pagare i contributi.

Giornale di Sicilia Online: Confartigianato: chi denuncia il pizzo rischia il fallimento

ROMA. Passamontagna calati e telecamere spente. Anche solo riunirsi, per i testimoni di giustizia, è un rischio, vietato dai piani di protezione. Eppure tante, delle 78 persone che in tutta Italia hanno denunciato le mafie e vivono sotto scorta, sono venute a Roma per difendere le proprie aziende, a rischio chiusura dopo la scelta di testimoniare. "Se non falliamo per le pressioni mafiose, falliamo per i meccanismi perversi della protezione dello Stato", ha attaccato uno dei partecipanti, all'incontro con i presidente di Confartigianato, Giorgio Merletti, e di Confartigianato Sicilia, Filippo Ribisi, e il vicepresidente di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro. L'obiettivo è studiare insieme una strategia di tutela per le imprese e le famiglie dei testimoni a partire dall'aiuto al credito, l'assistenza con la burocrazia e un osservatorio nazionale sui beni confiscati alle mafie.    
"I testimoni di giustizia sono morti che camminano, chiedono di non essere parassiti, di poter lavorare, di vedersi restituita la dignità", ha spiegato il presidente dell'Associazione testimoni di giustizia, Ignazio Cutrò. Lui ha rifiutato di abbandonare la sua terra, la Sicilia, e la sua impresa edilizia e vive sotto scorta. "Dopo le denunce però - ha raccontato Cutrò - la mia attività è stata distrutta, ho avuto subito il rientro dei fidi dalle banche, anche se non avevo problemi. Mi è arrivata anche una cartella di Equitalia, per i contributi non pagati quando ero sotto le minacce della mafia". "Oggi vengo additato come infame, come sbirro, ma sono orgoglioso di essere tale. Le denunce vanno fatte", ha continuato. L'associazione chiede che i testimoni non vengano allontanati dalle loro terre e dalle loro imprese e che siano equiparati alle vittime di mafia.    
La rabbia è tanta, ha osservato un testimone che preferisce rimanere anonimo, "anche perché mentre noi ci nascondiamo, i mafiosi vanno in giro a testa alta. Dopo le mie denunce sull'azienda di cui ero dirigente io sono finito a dormire in macchina, l'impresa ha cambiato nome e ha continuato, anche dopo le condanne, a lavorare su appalti pubblici". "La mia denuncia é finita un cassetto, ma io intanto ho perso la mia azienda, la famiglia, gli amici", ha aggiunto un altro. La crisi rende tutto più difficile. E' così che c'é chi non ha potuto votare alle elezioni, perché non c'era una scorta per accompagnarlo dopo i tagli e la polizia. E chi, nascosto con tutta la famiglia in località protetta con un sostentamento di 600 euro al mese, si è ritrovato il padre "esodato" perché é in età da pensione ma negli ultimi anni, dopo la collaborazione con la giustizia, non ha potuto pagare i contributi. 


(Fonte ufficiale www.gds.it) 

 

Mafia: Viminale, piu' fondi per 'collaboratori'

Senza finanziamenti no turn over e nuove immissioni pentiti

20 febbraio, 14:28

 

(ANSA) - ROMA, 19 FEB - Restano stabili gli ingressi di collaboratori e testimoni di giustizia nei programmi di protezione ma servono maggiori risorse finanziarie per incoraggiare la disponibilita' a collaborare con l'autorita' giudiziaria e favorire il turn over. Lo sottolinea il Viminale nella relazione al Parlamento sulle speciali misure di protezione per collaboratori e testimoni di giustizia. Secondo i dati forniti nella relazione sono 1181 i titolari del programma di protezione al 31 dicembre 2011 di cui 1093 pentiti e 88 testimoni. Rispetto al giugno 2011 i collaboratori sono aumentati di 29 unita' mentre il numero dei testimoni e' rimasto stabile. Significativa la presenza femminile: sono 64 le collaboratrici di giustizia e 26 le testimoni. Solo un testimone e' minorenne. E' la Camorra l'organizzazione con il maggior numero di pentiti (452) e testimoni di giustizia (30), seguita da Mafia (303 pentiti e 16 testimoni), 'Ndrangheta (123 pentiti e 22 testimoni), Sacra Corona Unita (106 pentiti e 6 testimoni).

Sono inoltre 4.209 i familiari sotto protezione suddivisi in 3920 congiunti di collaboratori e 289 di testimoni, i minori sono in tutto 1771. In totale la popolazione protetta ha subito una lieve flessione passando dalle 5559 

Non abbandoniamo i testimoni di giustizia.

I testimoni di giustizia: troppo pochi per essere ‘interessanti’ in una campagna elettorale funzionale solo ai grandi numeri, ai grandi partiti e alle logiche ‘maggioritarie’. Eppure restituire loro dignità, libertà e un futuro sicuro con un serio programma di protezione e reinserimento sociale – che non li dimentichi dopo pochi anni come accade adesso – dovrà essere una delle priorità del prossimo Parlamento. Senz’altro sarà una delle priorità di Rivoluzione Civile. Non si abbandona così chi ha avuto il coraggio di denunciare mafie e malaffare. Molti di loro continuano a rischiare la vita, o restano condannati all’emarginazione sociale. Anche per noi. 

Anna Falcone

      MARTEDÌ 19 FEBBRAIO 2013

 

I CITTADINI CONTRO LE MAFIE

Web: www.icittadini.itMail: info@icittadini.it  Info: 39-3925602814

Via Sirte nr. 7 Roma

 Codice Fiscale 91093690591

 

-Comunicato stampa-

 

 CATANIA. Rubata l’auto all’imprenditore che denuncia le mafie

In una nota diffusa alla stampa, Antonio Turri,presidente nazionale dell’associazione “ I CITTADINI CONTRO LE MAFIE E LA CORRUZIONE” ha dichiarato: “Ieri sera ignoti mafiosi hanno rubato nel centro di Catania, la fiat panda dell’imprenditore di Linguaglossa Rosario Puglia, lasciata regolarmente parcheggiata e chiusa sotto lo studio del suo legale. Rosario Puglia che da mesi conduce una battaglia contro le mafie e contro la burocrazia mafiosa che le sostiene, insieme ad altri due imprenditori,Letterio  Giuffrida e Franco Ragusa, anch’essi vittime del contesto mafioso che avvolge l’intera provincia etnea, sono i rappresentanti in Sicilia de “ I Cittadini contro le mafie e la corruzione”. Questo silenzio assordante di chi dovrebbe intervenire per far si che non si fosse verificato questo ennesimo atto inquietante, la settimana scorsa era stata lasciata una testa di agnello fracassata sull’autovettura del Puglia ed infrante le vetrine dell’attività di Giuffrida a Linguaglossa, dimostra come si lascia soli chi cerca di opporsi alle mafie in Sicilia ed in tutto il Paese mentre i politici e i cultori dell’antimafia parlata e televisiva continuano a stare alla finestra pronti ad intervenire il giorno dopo che le vittime siano state sacrificate. Le vicende dei tre imprenditori catanesi, prosegue Turri,hanno avuto ampio risalto sulla stampa nazionale, ma nonostante ciò, in Sicilia e al Ministero dell’Interno si continua a temporeggiare, quindi la nostra associazione nei prossimi giorni un sit-in di protesta sotto i palazzi romani per tentare di svegliare una politica che dei temi della lotta alle mafie ed alla corruzione ne fa solo “chiacchiericcio volgare” e motivo di scontri solo per fini di potere.

 

Mafia: nasce un'associazione dei testimoni di giustizia

(ANSA) - AGRIGENTO, 12 GEN - Dopo la denuncia pubblica di Piera Aiello delle difficolta' create dalla normativa e dal regolamento di gestione dei ''testimoni di giustizia'' si avvia concretizza l'idea di creare una associazione che li riunisca. A darne notizia e' Ignazio Cutro', che ha partecipato ad una riunione con i ''colleghi'' e le associazioni antimafia ''I Cittadini contro le mafie e la corruzione'', 'l'Associazione ''Caponnetto'' e ''Ultimi''. Durante l'incontro e' stato stilato un documento per istituzionalizzare l'associazione dei ''Testimoni e vittime delle mafie'' che riunisca soprattutto i testimoni di giustizia il cui statuto e atto costitutivo si formalizzeranno nei prossimi giorni. In una nota stampa diffusa dallo stesso Ignazio Cutro', imprenditore della provincia di Agrigento, si afferma che ''e' necessario costituire un'associazione dei testimoni di Giustizia capace di rappresentare le istanze di chi ha avuto ed ha il coraggio di denunciare i mafiosi eliminando nel contempo le sacche di omerta' e di complicita' che li rendono ancora forti''. Piera Aiello, la testimone di giustizia cognata di Rita Atria, giovedi' sera intervenendo ad Agrigento alla presentazione del libro ''Maledetta mafia'' scritto con il giornalista Umberto Lucentini, aveva denunciato i limiti della normativa attuale e del trattamento troppo restrittivo riservato ai testimoni di Giustizia.(ANSA).

 

LIBERO QUOTIDIANO

Mafia: nasce associazione testimoni di giustizia, 'stop a isolamento'

 "Questo e' un evento storico - dice Cutro' - perche' per la prima volta i testimoni di giustizia sono riusciti a riunirsi ed a costituire una propria associazione. Abbiamo avuto l'esigenza di formare un gruppo perche' non vogliamo piu' avere intermediari rispetto alle nostre esigenze, ruolo che fino ad oggi e' stato ricoperto dalle varie associazioni e fondazioni antiusura ed antiracket. E' necessario che i testimoni di giustizia vengano rappresentati da persone che si trovano nella loro stessa situazione e che di conseguenza possano accedere a quanto gli spetta senza intermediari".

"Chiedo inoltre al ministro dell'Interno - conclude - che a noi testimoni di giustizia e, soprattutto, alle nostre famiglie vengano riconosciuti gli stessi diritti che hanno i familiari delle vittime di mafie e del terrorismo. Ma il primo diritto che ognuno di noi testimoni dovrebbe tornare ad avere e' quello al lavoro".

 

Agrigento, nasce l’associazione nazionale testimoni di giustizia

Scritto daRedazione

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AgrigentoCronacaMafiaNeraUltime

5 feb 2013 - 20:01

 

 

Nasce dall’impegno di alcuni protagonisti dell’antimafia italiana, Piera Aiello, Francesco Alfano, Giuseppe Carini, Pietro Di Costa,Elvio Di Cesare Ignazio Cutrò e Antonio Turri, l’Associazione nazionale dei testimoni di giustizia.

L’Antg mette in collegamento tutti quei cittadini onesti che hanno avuto il coraggio di denunciare testimoniando nelle aule dei tribunali o nelle altre sedi competenti i misfatti delle mafie e i reati commessi dalle varie forme di criminalità organizzata.

Presidente dell’Associazione è stato eletto Ignazio Cutrò mentre faranno parte dell’organismo direttivo numerosi testimoni di giustizia, i rappresentanti delle associazioni promotrici, avvocati e giuristi di spessore nazionale.

 

 

Comunicato stampa.

 

I Testimoni di Giustizia e le associazioni antimafia insieme per lottare le mafie.

 

Nasce dall’impegno di alcuni protagonisti dell’antimafia italiana: Piera Aiello, Francesco Alfano, Giuseppe Carini, Pietro Di Costa, Elvio Di Cesare Ignazio Cutrò e Antonio Turri, l’Associazione Nazionale dei Testimoni di Giustizia.

L’A.N.T.G. mette in collegamento tutti quei cittadini onesti che hanno avuto il coraggio di denunciare testimoniando nelle aule dei tribunali o nelle altre sedi competenti i misfatti delle mafie e i reati commessi dalle varie forme di criminalità organizzata . Presidente dell’Associazione è stato eletto Ignazio Cutrò mentre faranno parte dell’organismo direttivo numerosi testimoni di giustizia, i rappresentanti delle associazioni promotrici, avvocati e giuristi di spessore nazionale.

Troppo spesso questi veri protagonisti della lotta alle mafie, alla corruzione ed al malaffare sono dimenticati o peggio lasciati soli, senza le opportune protezioni e ridotti alla povertà dopo aver avuto il coraggio della denuncia e la forza di andare contro corrente in un Paese con larghe sacche di omertà ad ogni livello.

Le recenti vicende riguardanti i tre imprenditori di Catania in sciopero della fame per gridare tutta la loro disperazione ed isolamento per aver avuto il coraggio di resistere alle mafie, hanno indotto le associazioni I Cittadini Contro le Mafie e la Corruzione, Antonino Caponnetto, Ass.ne Nazionale dei Familiari delle vittime di Mafia e LibereTerre e soprattutto ben 36 testimoni di giustizia, sui soli 78 italiani che hanno avuto il coraggio di denunciare fatti delittuosi riconducibili ai clan mafiosi, a riunirsi nel Casale della Legalità e della Giustizia di Latina Scalo per costituire l’ Associazione dei Testimoni di Giustizia.

Finisce con oggi la strategia dell’isolamento e della vergogna con cui molti Testimoni sono costretti a vivere la loro condizione di donne e uomini di coraggio.